Quando pensi che ci sia un limite al dolore, all’amore, al coinvolgimento emotivo, ecco che arriva questo libro a straziarti il cuore.
E non importa se il cuore non vuoi fartelo straziare, se non sei pronto a fartelo straziare. Non importa se hai letto tanti libri, se alcuni ti hanno emozionato, lasciato un segno, altri no.
Non importa se non sei un lettore emotivo ma un lettore critico, se non sei un lettore sprovveduto, ma un lettore navigato, lucido.
Vada come vada, devi fare i conti con la “little life” – la piccola vita – di Jude St. Francis.
Una vita che di piccolo e ordinario non ha nulla ma che è invece grande e straordinaria.
Una vita che si dispiega attraverso le trame dell’imponente impalcatura del romanzo di Hanya Yanagihara (finalista al Men Booker Prize e successivamente al National Book Award) di cui ogni parte risulta necessaria e ben calibrata.
Un successo inaspettato quello di Una vita come tante (titolo originale A little life), secondo romanzo della scrittrice americana di origini coreane.
Una vita come tante è un progetto importante scritto senza la pretesa di esserlo o di diventarlo. Affronta temi forti (è indubbio) ma con uno stile fresco, arguto e interessante che fa di Hanya Yanagihara una bella sorpresa. L’intensa capacità di caratterizzare i suoi personaggi consente al lettore di immergersi appieno nella narrazione che, per quanto notevole (1094 pagine) non risulta mai noiosa o prolissa. Ogni parte della ponderosa architettura del romanzo è necessaria e funzionale.
A little life non è un libro angoscioso, come sarebbe facile definirlo data la forte quantità di sofferenza che straripa dalle pagine, ma è invece un libro sulla vita e sul coraggio con la quale ci si aggrappa ad essa, sull’amore che non vuole riparare ma salvare, sull’amicizia.
Alcuni hanno parlato di “troppo” riferendosi al libro, “troppo dolore”, “troppa sofferenza”, “troppo amore” che lo renderebbero a tratti poco realistico (è inimmaginabile che la vita di un essere umano sia determinata da tanti drammi quanto quella del protagonista Jude), altri considerano la narrazione eccessivamente prolissa, ritenendo che la vicenda potesse essere condensata in almeno la metà della pagine. A mio parere Una vita come tante è un libro sulle infinite possibilità che la vita può togliere e offrire, portate alle estreme conseguenze perché se ne possa meglio apprezzare la bellezza e l’intensità. Una vita come tante è un libro senza limiti, perché è cosi forse, che l’autrice vede l’amore. Senza limiti (perché assoluta accettazione dei limiti!).
E siccome il cuore è una casa, è lì che trova posto Jude.
Si combatte con lui, si vive con lui, si soffre con lui, si ama con lui. E lo si ama. Inevitabilmente.
Lo si segue, in luoghi (Lispenard Street, Greene Street) che finiscono per diventare, per il lettore, una mappa di emozioni e immedesimazione.
Il passaggio repentino dalla narrazione al presente a quella al passato, gli imprevedibili flashback e i cambi di io narrante rendono l’intero racconto movimentato e fluido, disorientando a volte il lettore che solo immergendosi nella lettura può di volta in volta abituarsi e orientarsi al ritmo della narrazione, cinematografico più che letterario.
Una vita come tante è un libro “potentissimo” (come lo ha definito la critica), coinvolgente e doloroso oltre misura, spontaneo e irruento, consegnato a lettore e critica senza filtri e rimaneggiamenti.
Un’esperienza di lettura, più che una lettura stessa.