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Una vita come tante: amore e amicizia nel libro “potentissimo” di Hanya Yanagihara

Quando pensi che ci sia un limite al dolore, all’amore, al coinvolgimento emotivo, ecco che arriva questo libro a straziarti il cuore.
E non importa se il cuore non vuoi fartelo straziare, se non sei pronto a fartelo straziare. Non importa se hai letto tanti libri, se alcuni ti hanno emozionato, lasciato un segno, altri no.
Non importa se non sei un lettore emotivo ma un lettore critico, se non sei un lettore sprovveduto, ma un lettore navigato, lucido.
Vada come vada, devi fare i conti con la “little life” – la piccola vita – di Jude St. Francis.
Una vita che di piccolo e ordinario non ha nulla ma che è invece grande e straordinaria.

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Cecità: l’umanità scrutata di José Saramago

Cosa succederebbe se, all’improvviso, in un giorno qualunque, in una città qualunque, di uno Stato qualunque, tutti gli abitanti diventassero ciechi?
E non di una cecità diagnosticabile e / o curabile, ma di una cecità sconosciuta che, come tutte le che non si conoscono, fa ancora più paura.
Per scoprirlo, basterà leggere José Saramago, ma attenzione. In un libro che parla di cecità, l’attenzione è tutta negli occhi. Nello sguardo.

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Se una notte d’inverno un sognatore: beatitudine e illusione nelle Notti bianche di Dostoevskij

Cosa succede se la vita si confonde col sogno e la letteratura si confonde con la vita? Ce lo racconta mirabilmente il Dostoevskij delle Notti bianche, ovvero le notti insonni d’amore e sogni, che proprio perché bianche finiscono per non avere nessun colore.

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La ragazza del convenience store di Murata Sayaka: bellezza e “anormale” nel favoloso mondo del konbini

Che cos’è la normalità?

Se lo sarà forse chiesta Murata Sayaka, promettente scrittrice giapponese premio Akutagawa e se lo chiede la sua protagonista, la trentaseienne Keiko, la quale, per sfuggire ad un destino di esclusione e solitudine, si rifugia nell’accogliente conformismo, nelle braccia della società benpensante, nelle aspettative di famiglia e amici, rappresentati dal lavoro di commessa part time in un konbini. Perché Keiko non è una donna come le altre, non è stata una ragazza come le altre, né tanto meno una bambina come le altre.

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Detachment: la scuola del “distacco” nel film di Tony Kaye

Il distacco è l’arma con cui il professor Barthes entra ogni giorno in classe per fare i conti con un’altra esperienza da supplente di letteratura. È l’arma con cui vive la solitaria quotidianità della sua vita e i drammi di un passato che ha lasciato cicatrici che fanno ancora male. È l’arma con cui avvolge e protegge l’equilibrio tranquillizante di una vita vuota e priva di coinvolgimento affettivo.

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La verità è nel cinismo: critica positività e ottica del paese in Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

«Un paese vuol dire non essere soli», scriveva il Pavese de La luna e i falò, “un paese ti condanna alla solitudine” sembra dirci l’Elizabeth Strout di Olive Kitteridge.

Una raccolta di racconti in cui i microdrammi dei suoi protagonisti diventano parte di un unico macrodramma, di una storia collettiva in cui ognuno può riconoscersi, attraverso un’architettura scrittoria ben orchestrata cara a Strout (l’ha usata anche nel successivo Tutto è possibile).

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Speranza è condividere ancora: riscatto e comprensione in Tutto è possibile di Elizabeth Strout 

Ad Amgash, in Illinois, il tempo scorre lentamente. E’ ciò che accade in tutte le piccole comunità del mondo, dove tutti conoscono tutti e la vita scorre sempre uguale, inesorabile.
Ad Amgash, in Illinois, si può solo e sempre soffrire, schiacciati da quel destino di povertà e miseria che si staglia sulla vita dei suoi abitanti come una condanna senza fine.

Ma è proprio ad Amgash (e in tutte le cittadine provinciali del mondo) che ci si può ancora sorprendere, si può ancora scegliere la vita e urlare “io sono qui e ho il diritto di starci”. Il diritto a una vita che, anche se brutalizzata, può con tutte le sue forze ancora aggrapparsi ad una speranza. E la speranza non è altro che nel conforto. E’ questa la grande lezione di Tutto è Possibile di Elizabeth Strout.

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“La bellezza è prendere qualcosa nelle mani e poi lasciarla andare”: bellezza e soprannaturale in Amrita di Banana Yoshimoto

Amrita è il tentativo di Banana Yoshimoto di dare maggiore caratterizzazione a personaggi e storie. È un’opera di grande respiro (cosi come l’ha descritta Giorgio Amitrano) in cui la sua autrice dà libero sfogo a pensieri e materiale letterario. È inoltre, un’opera di grande spontaneità e intensità non soggetta a rielaborazione e per questo a volte criticata da pubblico e lettori abituati ad uno stile più asciutto e intrecci meno complessi.

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Stoner: il racconto delle piccole cose nel “miracolo letterario” di John Williams

È con commozione che, nelle ultime pagine, si lascia andare Stoner. Lo si accompagna alla morte come un amico, un parente, un confidente, tra un “Non gli importava di nulla” e un “Cosa ti aspettavi”, (le espressioni che ricorrono continuamente nell’ultima parte del romanzo) sfogliando un libro qualunque, perché la sua morte almeno, Stoner la sceglie, e sceglie di viverla cosi.

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Kitchen: la “normalità profonda” di Banana Yoshimoto tra manga e letteratura

Il segreto per comprendere e amare Banana Yoshimoto è cogliere nella leggerezza della sua scrittura, la profondità di ogni singola parola. Il tutto unito ad un linguaggio fresco e originale che ha fatto parlare di un legame con lo stile dei fumetti manga.