Critica letteraria · Diari · Dostoevskij · Illusione · Letteratura · Letteratura russa · Notte · Pietroburgo · Sogno · Solitudine · Speranza

Se una notte d’inverno un sognatore: beatitudine e illusione nelle Notti bianche di Dostoevskij

Cosa succede se la vita si confonde col sogno e la letteratura si confonde con la vita? Ce lo racconta mirabilmente il Dostoevskij delle Notti bianche, ovvero le notti insonni d’amore e sogni, che proprio perché bianche finiscono per non avere nessun colore. Bianche come i sogni e le illusioni, che nessun colore hanno se non quello trasparente dell’aria che tiene sospesa una Pietroburgo magica ed evanescente. Avvolta nel mistero, nebbiosa, inafferrabile, «una vecchia maga / che guarda da lontano con sguardo freddo / fiera del  fracasso e dell’immensità delle sue piazze incantate» come ebbe a descriverla Nabokov, perfetto teatro delle notti insonni del sognatore protagonista. «Un tipo», «una natura particolare», «un essere di genere neutro»

[Il sognatore] Di solito si stabilisce in un angoletto come una lumaca o, perlomeno, è molto simile in tal senso a quel simpatico animale che costituisce un tutt’uno con la propria casa e che si chiama tartaruga.[1]

così si definisce il protagonista senza nome delle Notti bianche, il quale vive la propria vita come un’eterna avventura onirica, un sogno senza fine e che non vuole fare i conti con la realtà. Non a caso è la notte la dimensione che più gli si addice, quella più silenziosa e solitaria, quella nella quale si aggira pensoso e curioso di una realtà che non ammette altra condizione che quella della solitudine.

-La mia storia, – esclamai spaventato, – la mia storia! Ma vi chi vi ha detto che io ho una storia? Non ho una storia… […] – Ho vissuto così, assolutamente senza alcuna storia. Ho vissuto, come si dice da noi, per conto mio, cioè assolutamente da solo, solo, in piena solitudine.[2]

Per un tipo così è facile perdersi in una narrazione in terza persona che lo faccia sentire eroe fuori dalla vita quotidiana, fuori dalle vite comuni della gente comune da rifuggire con maestria

È l’ora in cui il nostro eroe (consentitemi, Nasten’ka, di narrare in terza persona perché mi vergogno terribilmente di raccontare tutto questo in prima persona), il quale anche ha avuto il suo daffare, cammina dietro gli altri. [3]

Camminare dietro gli altri per vedere ma non lasciarsi vedere, come da buona tradizione fanno tutti i protagonisti letterari (e molti personaggi dostoevskijani, si pensi al Raskol’nikov di Delitto e castigo) che vivono la vita solo dagli anfratti dell’anima e dai seminterrati della mente.

Il sognatore di Notti bianche vive un una realtà talmente rarefatta che non gli è dato neanche un nome, una storia, una connotazione sessuale. Di lui si sa solo che è un sognatore e si intravedono i tratti di una personalità dalle facili illusioni e dalla controversa asocialità dai pochi aneddoti che racconta sulla sua vita.

Nasten’ka non è altro che il suo corrispettivo femminile, anima della notte, fragile, insicura che nutre con speranza un amore quasi delirante e onirico

[…] – forse anche tutto il mio amore è stato un inganno dei sensi, un’illusione della fantasia.[4]

E chissà che forse essa stessa non sia solo un sogno, una fantasia (o meglio una fantasticheria) del sognatore

Sono un sognatore; vivo così poco nella vita reale e momenti come questi sono per me così rari che non posso fare a meno di riviverli nelle mie fantasticherie. Sognerò di voi tutta la notte, tutta la settimana, tutto l’anno.[5]

Oh Nasten’ka! Come sarà triste rimanere solo, completamente solo, senza neanche un rimpianto, niente, assolutamente niente… Perché tutto quello che avrò perduto non esisteva, era una stupida nullità totale, era solo una fantasticheria![6]

 Perché solo nel sogno e nella fantasticheria, in Notti bianche, l’amore è possibile

Ah! Se solo sapeste quante volte mi sono innamorato in questo modo! – Ma come, di chi?… – Di Nessuno, di un ideale visto in sogno. In sogno creo dei romanzi interi. Oh, voi non mi conoscete! Non si può vivere senza sognare![7]

Notti bianche è considerata la prova giovanile del Dostoevskij sognatore, idealista e speranzoso. Nel protagonista del romanzo in molti vedono un alter ego del suo autore ed in generale la prova “più leggera” che anticipa alcuni dei grandi temi del doppio, del flusso di coscienza, del senso di colpa, dell’inconscio che caratterizzeranno la produzione successiva. Non ne mancano però qui i barlumi, i quali si intravedono nella tendenza all’introspezione tipica dei suoi personaggi, il senso di solitudine, l’inquietudine, l’importanza del dialogo, il potere devastante del sogno e dell’illusione e quel senso di partecipazione al destino umano che fa si che la storia di uno diventi il progetto di un comune sentire e storia universale

Perché quando siamo infelici comprendiamo meglio l’infelicità altrui; il sentimento non si frantuma, ma si concentra…[8]

Ma c’è ancora in Dostoevskij la bontà dei sentimenti, la positività dei rapporti umani tra uomo e donna che lasciano spazio alla solidarietà, alla comprensione, alla riconoscenza. C’è il sapore amaro che certi sogni lasciano in bocca, pur nella commozione e beatitudine che ci hanno regalato anche per un solo attimo della nostra vita

Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! È forse poco, sia pure per tutta la vita di un uomo?[9]

[1] F. Dostoevskij, Notti bianche, Einaudi, Torino, 2014, p. 45.

[2] Ivi, p. 39.

[3] Ivi, pp. 51-52.

[4] Ivi, p. 141.

[5] Ivi, p.29.

[6] Ivi, p. 75.

[7] Ivi, p.25.

[8] Ivi, p. 109.

[9] Ivi, p. 157.

Pubblicità

Rispondi

Effettua il login con uno di questi metodi per inviare il tuo commento:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...